
30 gennaio: dalla situazione attuale, un “Get Back” sul tetto con i Beatles
Qui ormai non c’è più traccia di concerti, festival, eventi. Nulla. Il festival di Glastonbury ha già comunicato che anche per il 2021 salterà questo importantissimo appuntamento estivo. Se ne riparlerà nel 2022. E così, molto probabilmente inizieranno anche gli altri grandi Festival a posticipare nuovamente tutto, a catena.
Vi immaginate due anni senza lavorare cosa significa? Non è troppo difficile immaginarlo in questo periodo, in effetti. Siamo tantissimi in questa condizione. Per fortuna chi lavora nello spettacolo ha tendenzialmente un forte spirito di adattamento, una mente aperta e una visione d’insieme che a molti è stata utile. Tanti sono riusciti a reinventarsi, a crearsi nuove entrate. Certo niente a paragone del lavoro principale. Però, per i più fortunati, il minimo per tirare avanti la baracca.
Non vorrei immergermi in questioni politiche, economiche e sociali. Non vorrei neanche aprire discussioni intorno a Sanremo, argomento molto vivo questo periodo.. Questa premessa è motivata dal fatto che non è molto semplice scrivere e raccontare eventi che non ci sono e a cui non posso lavorare per darvi qualche retroscena piccante. Per adesso, quindi, continuerò a raccontare e ricordare qualche concerto o festival tra gli archivi storici della musica dal vivo.
Basta con questa prefazione deprimente, torniamo alla musica!
Oggi 30 gennaio ricorre un anniversario particolare. In un fine mattinata del 1969 i Beatles, (conoscete, no?! ;)) già a quel tempo tra le band più famose del mondo, salirono sul tetto del palazzo della Apple corps (quella dei Beatles, non della mela che troviamo su smartphone e pc), al n° 3 Savile Row, Londra W1. Avevano acquistato quel palazzo di 5 piani – con terrazza sul tetto – l’anno precedente per 500.000 sterline e lì avevano trasferito gli uffici e gli studi della loro società.
[Ricordo di aver già parlato di loro in un mio articolo, nello specifico si parlava di “Il primissimo Concerto in uno Stadio (the Beatles, 1965)”]

Bene! Salirono sul tetto e basta? Cavolo che anniversario!
Ovviamente molti sanno già di cosa sto parlando ma per chi si sta avvicinando ora a questo mondo, sappiate che su quel tetto si è fatta la storia: i Beatles non facevano un concerto da quasi due anni e mezzo e dopo quel giorno non ne avrebbero più fatti.
John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr, insieme all’organista Billy Preston, suonarono con una strumentazione improvvisata per tre quarti d’ora, prima dell’arrivo della polizia. Questa esibizione non era stata pensata come concerto ed è stato tutto piuttosto improvvisato. Alla band servivano riprese video per poter completare un loro progetto destinato alla televisione. Nessuno a quel tempo era consapevole che sarebbe stato il loro ultimo live e che i loro rapporti, già complicati, si sarebbero rotti definitivamente di lì a poco.
Retroscena.
Come appena detto, questo concerto venne ripreso per l’inclusione nel film documentario Let It Be – Un giorno con i Beatles del 1970 dal regista Michael Lindsay-Hogg . Questo perché, tra le varie scene del film, avevano pianificato di esibirsi dal vivo. L’idea del luogo è però stata del tutto improvvisata. Ringo Starr ha successivamente raccontato:
«C’era l’idea di suonare dal vivo in qualche posto. Ci stavamo domandando dove saremmo potuti andare — magari il Palladium o il deserto del Sahara. Ma avremmo dovuto portarci dietro tutta la roba, così decidemmo: “Saliamo sul tetto!”[1]»
Non era un bel periodo per i Beatles: più o meno a partire dalle registrazioni per il White Album, nell’estate del 1968, i già deteriorati rapporti tra i membri della band si rovinarono ulteriormente. Fu anche per questo che Harrison coinvolse Billy Preston, un organista che aveva visto suonare con Ray Charles e che sperava potesse aiutare la band a essere più concentrata.
In questo clima, tra scatti d’ira e annunci di abbandono (sempre George) poi scongiurati, la band e il regista Michael Lindsay-Hogg non riuscivano ad accordarsi su un posto per fare le ultime riprese per il film di Let It Be. Finché, appunto, alla fine si decise per il tetto della nuova sede degli Apple Studios. Venne tutto filmato con una troupe professionista che immortalò anche quello che stava succedendo intorno, che è ancora oggi una delle cose che contribuiscono a rendere il concerto sul tetto degli Apple Studios uno dei momenti più importanti della musica degli anni Sessanta. Lo show bloccò il traffico: la polizia fu tempestata da decine di lamentele per il frastuono. Ad assistere c’erano segretarie, impiegati, spettatori improvvisati e fortunati e una folla di curiosi sui marciapiedi. Uno evento per pochi, non annunciato, allestito contro tutto e tutti.
Rooftop Concert

L’attrezzatura fu piazzata la mattina stessa del 30 gennaio, con cineprese sistemate anche sulle terrazze di palazzi adiacenti. Quel giorno i Beatles sembravano incerti, faceva un freddo cane. Lennon si fece prestare una pelliccia da Yoko Ono e Starr un impermeabile arancione dalla moglie. Le condizioni non erano il massimo: la nebbia impedì di fare delle riprese con un elicottero, e minacciava di piovere. Lennon si lamentava del freddo alle dita e i microfoni furono rivestiti all’ultimo con dei collant da donna per ridurre il rumore del vento. Qualche piano più in basso, Alan Parsons (l’Alan Parsons degli Alan Parsons Project, che fu anche un grande tecnico del suono) registrò il concerto che iniziò con una prima versione di “Get Back”, che sarebbe stata pubblicata solo mesi dopo.
I Beatles registrarono tre versioni di “Get Back”, due di “Don’t Let Me Down” e “I’ve Got a Feeling”, una di “One After 909” e “Dig a Pony”, tutte inedite. Le ultime tre finirono nel disco di Let It Be proprio nella versione registrata quel giorno. Lennon non riusciva a ricordarsi le parole, e chiese dei foglietti che non bastarono: in “Don’t Let Me Down” se ne inventò qualcuna. Anche in “Get Back” il testo fu un po’ cambiato, perché nel frattempo sul tetto era arrivata la polizia: McCartney in una strofa commentò quello che stava succedendo intorno a lui, dicendo «Stai suonando di nuovo sui tetti, e sai che a mamma non piace, ti farà arrestare».
L’intervento della polizia non fu particolarmente irruento, diedero dieci minuti di preavviso allo staff della band, in cui gli inquilini degli studi si sbarazzarono delle molte droghe che avevano con sé. Poi due poliziotti salirono sul tetto, chiedendo di abbassare il volume e lasciarono che la band suonasse ancora un po’[2]. In tutto il concerto durò 42 minuti, 21 dei quali finirono nel film Let It Be. Posate le chitarre, Lennon tornò al microfono: «Grazie a nome di tutto il gruppo e di ciascuno di noi: speriamo di aver passato l’audizione». Risate. Ironico se si pensa che in realtà i Beatles stavano cadendo a pezzi. Il loro ultimo grande regalo alla cultura dei decenni a seguire[3].
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[1] The Beatles, Anthology, 2000, pag. 321
[2] https://www.ilpost.it/2019/01/30/beatles-concerto-tetto/
[3] https://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2019/01/30/news/beatles-217768471/

